Il Gruppo Podistico Avis Locate Triulzi, organizzatore della Stralocate e della CorriLocate, é nato nel lontano 1977, un po’ per passione e un po’ per “ridurre” il livello del colesterolo e dei grassi in eccesso mettendo in primo piano “il movimento” soprattutto la corsa a piedi.

mercoledì 27 novembre 2013

Non è mai un bel giorno se non c'è una corsetta

Oggi non posterò consigli o suggerimenti per noi runners, ma un articolo spiritoso che ho trovato sul web. L'articolo è firmato da Giacomo Poretti ... sì proprio lui ...quello di Aldo, Giovanni e Giacomo per l'appunto...
Nel leggerlo mi sono sentita una "scema", ci sono dei passaggi molto molto divertenti, ma anche molto reali. In molte delle cose scritte mi ci sono ritrovata totalmente...
 
Quindi, amici della corsa, se avete cinque minuti, leggetelo....non ve ne pentirete vi assicuro!
Alla prossima ragass, la Iv
 
"Dilaga la moda del “running” e colpisce soprattutto gli over 40. Si affronta qualunque sacrificio, tra famiglia e orari di lavoro".
 
Ogni decennio ha le sue abitudini, i propri costumi, le mode culturali, i cibi preferiti, le malattie e i codici di comportamento.
Così c’è stato un periodo dove gli italiani scoprirono la prima cucina etnica, quella cinese, e così a cavallo tra gli Anni 70 e 80 mangiavano solo involtini primavera, maiale in agrodolce e pollo agli anacardi; poi arrivò il decennio del ristorante messicano, con annessi bruciori di stomaco e gonfiori molesti; per approdare, spero temporaneamente, nell’alchemica, misteriosa e impalpabile «cuisine molecoler».
Ricordo che anche le malattie, talune, quelle più insidiosamente complicate da diagnosticare, hanno avuto un andamento decennale: il linfatismo negli Anni 60, la labirintite negli Anni 80 e il reflusso esofageo nel nuovo millennio.
Perfino lo sport ha subito questa legge temporale: forse grazie alle imprese della Valanga azzurra, tutti noi italiani ci siamo sentiti ad un certo punto degli sciatori.
E con degli attrezzi alti come un palo della cuccagna, e con della specie di sacchetti della spazzatura sistemati tra i jeans e gli scarponi, si affrontavamo la Gran Risa e la mitica Saslong della Val Gardena: tutto il Paese, la domenica, era mobilitato e la domenica tutti i pullman della nazione erano incolonnati sulle autostrade del Nord.
Invece negli Anni 80 tutti avevano una racchetta di tennis e a tavola le famiglie parlavano solo di rovescio, diritto, volée e top spin.
Poi i campi da tennis in sintetico sono stati riempiti da calciatori assatanati di calcetto; giova ricordare che in quel tempo anche i reparti di ortopedia e traumatologia erano riempiti dagli stessi calciatori, quasi tutti quarantenni pingui e sedentari.
Ora tutti vogliono correre.
Corrono tutte le fasce di età e tutte le classi sociali e tutti corrono con il cardio-frequenzimetro.
Se ti scatta nella testa il desiderio della corsa e vivi in una grande città come Milano, devi essere disposto a sacrifici che neanche un marines ha mai sopportato.
La prima difficoltà sono gli orari: o prima o dopo l’ufficio.
Quelli con famiglia e figli scelgono il mattino alle 6. Escono di casa con il buio e dopo un’ora fra riscaldamento, 20 minuti in soglia aerobica e cinque serie di «ripetute» sui 400 metri, tornano a casa sudati e felici, pronti a portare i bimbi a scuola e a sopportare il capo per otto ore: sono quella tipologia di «runners», questi, a cui la moglie rinfaccia spesso di essere sempre stanchi per lei, ma quella stessa stanchezza, il mattino successivo, svapora appena ci si infila la canotta smanicata in «dry fit».
Poi ci sono i «runners» single, che corrono alla sera: le tabelle di allenamento sono le stesse, identiche le scarpe e gli indumenti, ma ciò che differisce è che, quando si torna a casa, non trovano la doccia occupata da qualcuno.
E infine ci sono quelli che corrono sia al mattino che alla sera, ma quelli o sono atleti olimpionici oppure non sanno trovare le parole per dire alla moglie che non vorrebbero più tornare in quella casa a farsi la doccia.
Credo di poter affermare che la mania della corsa colpisca soltanto le persone di ambo i sessi over 40; i giovani non sprecano il tempo in estenuanti allenamenti sul fondo o sessioni di «fartlek». I giovani applicano il «farlek» sui social network: 10 minuti di riscaldamento, controllando le obsolete mail, poi cinque giri veloci tra twitter, Facebook e Youtube, per finire con il «defaticamento», scaricando due film e una canzone dalla Rete.
L’over 40 che corre lo riconosci dalle scarpe da running a cui non rinuncia neanche quando indossa il frac: porta solo quel tipo di scarpe, in genere di color giallo limone, con i catarinfrangenti.
Se lo inviti a cena, ti chiede se hai usato lo zucchero per fare il sugo di pomodoro, se nell’arrosto ci sono tracce di zucchero, se nella torta di mele hai aggiunto lo zucchero e il caffè lo beve senza zucchero.
Se hai la malaugurata idea di accogliere il consiglio di un over 40 di andare a correre con lui, sappi che sarebbe meglio farlo nei pressi di un pronto soccorso.
Non credergli quando ti dice «non preoccuparti tanto si corre così piano da poter parlare tranqullamente».
Lui correrà a ritmo indiavolato, parlandoti ininterrottamente di Renzi, Bersani, Conte e Cassano; tu rantolerai per 50 minuti, tentando di dire che senti il braccio sinistro informicolato, ma non ti uscirà un solo suono dalla bocca. Se quando ti lascia sotto casa e ti da l’appuntamento fra due giorni per delle ripetute in salita, cerca di espatriare, chiedi asilo politico all’ambasciata iraniana, insomma non farti trovare.
Se supererai indenne le ripetute in salita, allora l’over 40 ti convincerà che, se vuoi veramente fare del bene al tuo corpo, devi correre almeno tre volte alla settimana costantemente. Costantemente significa che non puoi rinunciare ad una delle sedute settimanali nemmeno se quel giorno ti devi sposare, se hai una gamba ingessata o se devi andare in aereo alle Maldive: piuttosto chiedi alla hostess di poter correre nel corridoio del charter.
Chissà cosa scatta nella testa dopo i 40 anni per sottoporsi a quelle fatiche?
Forse si corre per scappare dalla vecchiaia, si corre incontro ad un desiderio di eterna leggerezza o, forse, si corre semplicemente per buttar giù il giropancia, per poter entrare nei jeans che abbiamo comprato solo due anni fa, «perchè mi hanno trovato la glicemia un po’ alta», per sentirsi meglio, per combattere la cellulite, per liberare la mente, per stare in mezzo alla natura, per non pensare, per pensare meglio, per ascoltare la musica in cuffia, per prepararsi alla maratona di New York.
Mi è sempre piaciuto correre, quando ero giovane. Quando si è giovani, non si ha bisogno di tabelle, di cardiofrequenzimetri e di scarpe giallo limone. Si corre perchè il corpo è sempre di corsa.
Dopo i 40, invece, il corpo vorrebbe rallentare e invece in questo decennio noi lo svegliamo presto al mattino e via! A farsi 10 chilometri.
C’è anche molta tenerezza in questa immane fatica, c’è uno sguardo affettuoso verso i nostri tendini e c’è molta gratitudine e ammirazione verso il nostro cuore, che ha corso all’impazzata quando ci siamo innamorati, quando ci siamo spaventati ed anche ora che lo facciamo correre in soglia tra i 130 e i 150 battiti per più di 10 chilometri.
Dicono che. se resisti per un mese a correre tre volte alla settimana, poi improvvisamente il corpo ti regala solo gioia.
Scusate. Hanno suonato al citofono e devo raggiungere il mio amico over 40 per la mia prima seduta di ripetute in salita.
Ho messo delle scarpe viola, porteranno bene?

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